Varese via Francesco Tamagno

Varese gli ha intitolato il viale declassato a via, anche se la strada è tutt’ora alberata, che conduceva alla sua signorile dimora sul colle di Giubiano, già immersa nel verde e da tempo assediata dal complesso degli edifici dell’ospedale di Circolo. La bella villa, oggi sede della direzione generale dell’azienda ospedaliera, Francesco Tamagno la dedicò all’unica figlia, Margherita, avuta nel 1879 da una nobildonna di cui non rivelò mai il nome. “Ragazzo padre” ante litteram, la portò sempre con sé accudendola con amore. Nella nostra città il tenore torinese morì per un’emorragia cerebrale alle 7.30 del 31 agosto del 1905. Il grande interprete verdiano era nato il 28 dicembre del 1850 a Torino, nel quartiere popolare di Borgo Dora, da Carlo Tamagno e Margherita Protto, che avevano avuto altri quattordici figli, dieci dei quali uccisi in tenera età da colera e turbercolosi. Fin da bambino Francesco lavorò come cameriere nell’osteria del padre il quale, appassionato del bel canto, lo mandò a lezione da un maestro che, per non disturbare il vicinato, mandava lui e i suoi compagni di studi a esercitarsi sotto un ponte sulla Dora. L’occasione della vita gli capitò un giorno del 1871 quando il maestro lo segnalò al Teatro Regio, in cerca di un sostituto per un cantante che si era ammalato durante le prove del Poliuto. Promosso a pieni voti, Tamagno riscosse notevole successo a Palermo in “Un ballo in maschera”; fu quindi scritturato dalla Fenice di Venezia nel 1874 come Pery ne “Il Guarany”e dal San Carlo di Napoli, e finalmente, nel 1878, debuttò alla Scala ne “L’Africana”. Presentato da un impresario all’editore Giulio Ricordi, ne seguì il consiglio di affinare la sua potente voce con lo studio conquistando l’apprezzamento di Giuseppe Verdi, che ne fece il primo interprete di Otello, opera che, presentata in prima assoluta il 5 febbraio 1887, divenne il cavallo di battaglia del tenore. Un secolo prima di Pavarotti e di Bocelli, Francesco Tamagno si esibì in ogni parte del mondo, in particolare nel continente americano: cantò a Città del Messico, Montevideo, Chicago, Buenos Aires e, nel 1894, a New York, dove il pubblico della Metropolitan Opera gli tributò un enorme successo. La sua voce, unica per potenza, limpidezza ed estensione, e la sua capacità tutta italiana di rendere intelleggibile il testo, fecero di lui il più grande tenore verdiano e uno dei massimi artisti lirici della fine del XIX secolo. Ricco e famoso, Francesco Tamagno, forse perché memore delle ristrettezze economiche in cui era nato e cresciuto, condusse una vita frugale (viaggiava in seconda classe e alloggiava in alberghi di terz’ordine) al punto da essere considerato avaro. La sera del 30 agosto 1905, mentre era in visita a un amico varesino, Tamagno fu colpito da un’emorragia cerebrale dalla quale non si riprese. Il giorno dopo, un secondo attacco gli fu fatale. Per sua espressa volontà la salma fu imbalsamata e i funerali furono celebrati il 5 settembre a Torino, con la bara portata a spalla, tra gli altri, dal famoso librettista Arrigo Boito. Da allora la salma riposa in un mausoleo bianco alto trentasette metri, eretto per volontà della figlia Margherita nel cimitero monumentale del capoluogo piemontese. Il sontuoso sepolcro è stato acquistato dal Comune di Torino nel 1990 e restaurato nel 1999. A Varese porta il suo nome, oltre alla via, anche l’Associazione Amici della Lirica, che ogni anno assegna il Premio “Francesco Tamagno” a un protagonista della scena operistica.


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